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Rosario Salvatore Di Modica
Le sue 160 poesie
È un canto? No, un lamento, anzi un richiamo;
verbigero e bofonchio assai sovente,
da solo e parimenti fra la gente:
pur se mi dànno noi non ci capiamo.
Se verbigrazia avessi a dire "ti amo"
(mirabili parole, eppur cruente),
in bocca,
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Cercavo l’infinito e l’ho trovato
sfiorando le tue labbra e la tua pelle,
giocando con le turgide mammelle;
e in fiumi di piacer quasi annegato
il corpo trema, spasima, arcuato,
brillando della luce delle stelle
che quali mille lucciole o
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Socchiusi gli occhi, aspetto un’occasione
vivendo nell’attesa di un momento
che forse è stato; più non lo rammento.
Tu fuggi; resta il mare, una canzone,
e quell’odore caldo (un’alluvione
di lacrime sul collo nudo al vento
che bagnano di amaro
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All’ orizzonte scorre il tempo perso,
e sfuma lentamente e infine scema
nel cielo grigio che fu un tempo terso;
e nel mio cuore qualche corda trema,
mi accascio sul selciato, qui, riverso.
Ah non vi è cosa che io più non tema
che l’annaspare,
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Deciso ad esser buono; anzi cattivo,
facevo un passo avanti e due all’indietro;
tra ruzzoli e capriole non capivo
perché vedessi un mondo così tetro.
Lo so che mai nessuno ebbe risposta
all’inespressa e scomoda domanda;
il Fato ingannatore, a
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Un tavolo, del vino, una candela,
le dita che si cercano, intrecciate,
l’amore va tessendo la sua tela.
Divine le fattezze e delicate,
come si addice a un angelo e mi aggela
il profanare quelle forme amate
fosse anche col pensiero; chi si
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Preziosa come un petalo di rosa,
con quegli occhietti piccoli e lucenti,
scricciolo colmo di birbanteria;
se volli in vita mia giammai qualcosa
fu lo sfiorar le labbra tue frementi;
porgi la mano ed indica la via;
sei molto più di quanto ho
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Ho preso casa in fondo alla tua vita;
mi affaccio alla finestra: dá su un muro;
su questa strada senza via d’uscita
non scorgo né il passato né il futuro,
il come e il quando perdono ogni senso
quando sussurri piano il tuo "perché?"
Non c’è
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Da qualche tempo ho in mente un chiodo fisso;
un’ áncora gettata nel soqquadro
riempie il vuoto dentro un nero abisso.
Da questo chiodo penzolava un quadro
dipinto con ardore, poi rescisso;
i brani sparsi al vento, pur leggiadro,
nel corridoio
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Come il tifone nasce dalla brezza
e sbuffa e cresce e infine, trova freno;
questa passione inver non fu dammeno,
né per intensità, né per ampiezza.
Venne quel giorno e crebbe la certezza.
Credetti di potere fare a meno
di baci, di carezze, del
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Sorseggio l’aria ad ogni sordo spiro,
eppure non esclamo "io respiro!".
Le tue censure, accolte;
avrò forse sbagliato, delle volte;
ma certamente mai per un dispetto,
e chiamo a testimonio pure Iddio.
A me parsero poche, ed a te molte
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Perdoni, buona donna, ancora aperto?
Le spiego, nella mente ho un motivetto
che varia dal brusio fino al concerto;
e ne vorrei cavare un bel sonetto.
Sono un poeta piccolo e inesperto;
vedendo il tuo negozio mi son detto:
"la preziosa merce che
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Non ho pretese e sono assai frugale;
e mi accontento; bevo dalla vita
centellinando sorsi dal boccale,
seduto ad una tavola imbandita.
Mi basta poco per non viver male:
una mollica; basta sia squisita;
ché l’uomo non è più di un animale:
lo
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Mi vedi a spada tratta e lancia in resta
su di un cavallo bianco ben bardato,
lo scudo al braccio, un lucido elmo in testa;
e grazie al mio valore sconfinato,
soccorrerei pulzelle; e la più mesta,
e neanche a dirlo, tanto ormai é scontato,
é
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Un urlo silenzioso, disperato,
a squarciagola pur se sono muto
gridato a te che amo e che sei sorda;
e l’eco di quell’urlo, rimbalzato
su morbide pareti di velluto
dall’universo stesso già deborda,
poi fonde spazio e tempo in un boato;
e mi
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