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Rosario Salvatore Di Modica
Le sue 160 poesie
A volte irriducibile avversario
tal altra carezzevole e materno.
Soggetti a te gli dei ed i mortali
e ai tuoi capricci spesso incomprensibili,
alle tue traiettorie imprevedibili
più leste dello sbattere delle ali
nell’infinito niente
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E vedi lente scendere le foglie
appese a un filo di malinconia;
ritornano le more, da raccogliere
rubandole ai cespugli; e la foschia.
Intorno, la natura cambia in spoglie
vuote di scopo e piene di poesia,
alberi dai colori spenti, a
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Lontana la follia della passione,
dei sensi, che riposano sopiti;
e quanti sogni, quanti! Ormai sfuggiti,
come fuscelli in preda ad un ciclone.
Niente, nemmeno un colpo di cannone
sgretolerà il più duro dei graniti,
greve sui cuori, che oramai
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Quando guardavo la chioma ricciola
sotto la folta fronda di un albero
che vide arrossarsi le gote
non credevo potesse finire.
Ci vedevamo con fare complice;
ed io rapito da tanto fascino
vedevo la luna di giorno,
fiammeggianti comete nel cielo.
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Che vita, che non spicca mai il volo,
mi sento sempre solo, e ci sto male;
neppure un animale, che disdetta,
magari una capretta o, cosa strana,
la gracidante rana per parlare...
devo accettare che divento matto;
è già fuggito il gatto sopra il
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Sovente mi trovo di fronte a quel mare
che vide il tuo volto disteso, pacato
e già mi ricorda col dolce ondeggiare
i baci, la gioia di un tempo passato.
Mi toglie il respiro, qual stretto collare,
l’immagine cupa di me abbandonato;
mi vedo
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Ti guardo, stai dormendo, sei vicina,
al solito mi baci, poi t’abbiocchi;
osservo i movimenti dei tuoi occhi;
sorridi mentre dormi, che bambina.
I muscoli distesi, rilasciati,
il petto va su e giù, ritmicamente.
A volte poi, però, vedo un
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Sì, stanco, sono stanco, proprio stanco.
Non ho più forze, ho perso ogni energia;
trascorro nel pensarti notti in bianco,
da te lontano sfioro la follia:
sto qui da solo eppure sei al mio fianco,
ci sei ma senza volto! che bugia,
e cerco di
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Lo vedi che non suona, non c’è ardore
in queste tue poesie, non sei sincero,
la metrica, le rime, quale orrore!
Nessuno più le usa, per davvero!
Insomma, non capisci che è migliore
l’accapo, il verso libero, il nitore
dei sentimenti espressi
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Quando cala la sera ascolto il cuore
che debolmente batte nel mio petto
e pur lieve, è assordante, quel rumore
ché nell’oscurità, perso nel letto
un tempo rallegrato dal tuo odore
e dell’amore adorno, ora negletto,
non v’è più che rimpianto e
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Non fa rumore un albero che cade
se lì non c’è nessuno ad ascoltare;
di luce il sole inonda le contrade:
è buio, se non esci a contemplare.
Invece la tua assenza è rumorosa,
e più lontana sei più me ne accorgo
di quanto quella vista sia
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Immagina due cuori che si toccano
in un sussurro di avida passione...
immagina le nubi che si sfioccano
al vento di una vivida emozione...
immagina dei vasi che traboccano
colmi di sogni, fremiti e illusione,
e immagina carezze da cui
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| E plana dolcemente una farfalla;
mi guarda, forse; è tutta sola, fuori;
mi sfiora il viso e poggia sulla spalla,
vestita dei colori di bei fiori.
E lì posato il dolce animaletto
inizia lentamente a sbatter le ali;
lo guardo compiaciuto e con
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| Non vedo che rumore qui dintorno,
che stride col silenzio che ho all’interno.
Con quel silenzio, amore, adoro e adorno
quel tuo rifiuto che mi fu inferno.
E quel fragore muto di ogni giorno
lo benedico; e quasi non discerno,
col cuore reso
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| lo so che ero accecata dall’amore
che ha reso vacillante il mio giudizio;
ne accetto il fio, ma lenti i giorni e le ore
aggravano il mio già triste supplizio.
È forse colpa amare follemente?
Vederti fra le mani di quell’altra!
Apollo, mio
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