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Rosario Salvatore Di Modica
Le sue 32 poesie in Introspezione
Fiorivano le rose ed io morivo.
Stupito, non capivo:
quel fiore che paziente ho coltivato,
nutrendolo di amore e fuoco vivo
cresceva ed io languivo;
e mi scavavo un fosso nel tuo prato.
Qualcuno, forse un uomo, forse un dio,
di certo non fui
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Onnipotente! Sono onnipotente:
mai nulla sfuggirà al mio tentacolo;
non ho confini, limiti e abilmente
carpisco, rubo, espugno il propugnacolo.
O forse sono solo un deficiente,
non percepisco i bordi dell’ostacolo
stagliato all’orizzonte; e
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O Musa, un tempo prodiga di doni,
di versi dispensati a piene mani,
perché mi ignori, quasi mi abbandoni
ad un presente orbo del domani?
Ricordi quando sussurravi piano
al mio orecchio sordo e indifferente,
rammenti il tuo guidare la mia
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Mi guardo e mi rimiro nello specchio:
perfetto, pure nella imperfezione!
I pregi pochi, ma di pecche un secchio;
via via le segno sul mio zibaldone.
Codardo, falso ed avido, cialtrone,
oh che persona infida! Sprovveduto,
con quelle uscite
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Se tutto passa e nulla resta immoto,
se tempo e spazio sono in movimento
e il sole brilla chiaro in lontananza,
perché più fosco ed atro del creosoto,
votato al mio più orrido tormento
a sigillar col piombo ogni speranza,
riprendo fra le
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Deciso ad esser buono; anzi cattivo,
facevo un passo avanti e due all’indietro;
tra ruzzoli e capriole non capivo
perché vedessi un mondo così tetro.
Lo so che mai nessuno ebbe risposta
all’inespressa e scomoda domanda;
il Fato ingannatore, a
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Mi vedi a spada tratta e lancia in resta
su di un cavallo bianco ben bardato,
lo scudo al braccio, un lucido elmo in testa;
e grazie al mio valore sconfinato,
soccorrerei pulzelle; e la più mesta,
e neanche a dirlo, tanto ormai é scontato,
é
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Soffiando, il vento appiana una montagna,
con delicata e ferma ostinazione;
scrissi versi, latrare di una cagna,
senza mai suscitare una emozione.
Disegno rime sulla tua lavagna
stese sul filo sotto l’acquazzone;
guardo quell’occhio che giammai
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Immobile. Supina, su quel letto,
madida di sudore, gli occhi aperti,
ad ascoltare i battiti, nel petto,
rapidi eppure a un tempo così incerti.
Cercavi le risposte lí, sul tetto;
ed era, la domanda: "voglio averti?",
bruciante come un colpo di
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Tenuto assieme solo dall’inchiostro
e da una dose immensa di ottimismo,
un bastimento carico di baci
veleggia al soffio docile dell’ Ostro
portando in capo al mondo per turismo
promesse eterne forse un po’ fugaci,
appese a sventolare in poppa
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Come è facile vivere felice
se non possiedi un’anima né un cuore,
ma rigoroso e duro di cervice
ti accontenti del pallido grigiore
di un’esistenza in cui "s’ei piace ei lice"
e appena nasce tutto quanto muore,
nessun pugnale lascia cicatrice,
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Maestoso pure nel minimalismo
lascio che la realtà mi fugga via,
inscatolata dentro il nichilismo
di frasi sparse a pioggia, di "poesia".
Mi crògiolo nel dolce solipsismo,
ma mi trascina nell’atarassia
che è premio ed è condanna all’egoismo,
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Uscendo di casa chi trovo,
nascosto, abilmente celato?
Lo copre un fittissimo rovo:
un lupo feroce e affamato.
Non dico il terrore che provo;
un tuono ha minore boato
dell’urlo, che svengo di nuovo
per quello spavento provato.
Il lupo mi
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Vestíti solamente di un abbraccio
e illuminati dalle luci spente,
ignari del futuro e del presente;
un brivido alla schiena, come ghiaccio:
nervosa, quasi stretta da un legaccio,
qualcosa che ti turba, certamente;
e quel tuo sguardo spento, un
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Mi piace, ricordare. E quante sono,
rinchiuse come in una cassaforte
le immagini, i fantasmi del passato,
che sbucano quando apro lo sportello;
nitidi, alcuni, ed altri un acquerello
sbiadito dalle lacrime. Ho celato
lontano dalla vista, ben
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